Nuovo mondo, Casco Gaggles 2394 (ultima parte)

[…]

Eravamo tornati nella Terra nel 2394 e Virginia mi condusse presso l’agenzia per la quale lavorava, la NASAC. Venimmo accolti e i due caschi vennero sequestrati affinché fosse studiato il mio e fosse indagata la scatola nera di quello di Virginia. Intanto vidi, con mio enorme stupore, dietro un vetro, due bambini che giocavano a scacchi muovendo i pezzi senza toccarli.

Venni portato al computer quantistico e scoprì che un mio clone ci stava lavorando. Ci fu un attimo di stupore, ci guardavamo inebetiti come se ci trovassimo entrambi di fronte ad uno specchio. Chiesi il nome al mio clone e mi disse di chiamarsi David. Dopo quella pausa surreale David mi spiegò che lui era il progettista del computer quantistico ma che questo computer aveva un difetto di progettazione, un baco, e aveva predetto che sarebbe venuto un uomo dal passato e da un universo parallelo identico a lui e lo avrebbe risolto dando così il via ai viaggi spazio-temporali psichici perfettamente controllati. Ero sconvolto da quanto mi stava dicendo David ed ebbi un capogiro.

«Non è possibile» obiettai.

«Credimi lo è, se trovi il baco, come ha previsto il computer quantistico potrai anche tornare a casa, nel tuo universo parallelo se lo volessi.»

«Virginia mi aveva detto che non sarebbe stato possibile.»

«Virginia non era a conoscenza di alcuni dettagli scoperti solo dopo la partenza della sua missione.»

«Non riuscirò mai a trovare il baco, è troppo complesso per me.»

«Ci sarò io ad aiutarti non preoccuparti, ora forse è meglio che riposi.»

«Sì è vero.»

Dormii e sognai quella donna che mi rifiutò nel mio tempo e nel mio universo.

Nel sogno provai nuovamente quelle sensazioni negative che avevo provato al momento del rifiuto: la morsa al cuore, il sudore freddo, le lacrime amare.

Il giorno dopo mi svegliai riposato ma turbato, feci colazione in maniera tradizionale e poi andai in un’aula dove David era pronto a darmi le lezioni di base sul computer super quantistico. Sembrava avessimo superato lo stupore di essere fisicamente perfettamente identici.

«Il principio su cui ruota il computer super quantistico è la teoria del gatto di Schrödinger. In altri termini una cosa non è mai completamente vera o completamente falsa. Il computer assegna una probabilità a delle affermazioni e in base a quell’assegnamento si genera un albero con delle possibili conseguenze ciascuna con la sua probabilità.»

«Sì, ma in base a cosa assegna le probabilità?»

«C’è un algoritmo che in base alle conoscenze che si hanno decide quale sia la probabilità da attribuire. L’algoritmo usa reti neurali di quinta generazione per la stima della probabilità. Abbiamo un intero stabile dove sono mappate su dei computer le migliori menti di tutti i tempi in questo universo.»

«Come acquisisce gli input questo super-computer?»

«Sia in maniera tradizionale, sia con telescopi, sia con tessuti organici sparsi per la Terra.»

«Wow interessante.»

«Ora io credo che la ragione per la quale il SCQ sbaglia nei viaggi psichici non sia da ricercarsi nell’algoritmo. Questo perché è stato scritto da Einstein proveniente da un altro universo parallelo e insomma, malgrado sia un algoritmo necessariamente euristico, lo ha pur sempre scritto Einstein e ci ha messo ben cinque anni a produrlo. Quindi ora ti do gli schemi delle reti neuronali di quinta generazione così puoi cominciare a lavorarci su. Sarà dura all’inizio ma imparerai in fretta.»

David mi disse che ora avrei potuto accedere ai dati sull’algoritmo e sulle reti neuronali tramite il pc della mia camera, avrei solo dovuto appoggiare mano sullo schermo.

Andai in camera mia e cominciai a guardare gli schemi che mappavano le menti di quei brillanti scienziati. Non ci capivo molto ma intuivo che perfino il carattere dello scienziato era stato mappato sul computer. Era davvero straordinario. Dopo un po’ mi stancai, mi coricai sul letto, trovai una pallina da tennis sotto le lenzuola, la presi, e cominciai a giocarci tirandola sul muro di fronte. Chissà se ci fosse uno spazio, un tempo, e una dimensione dove avrei potuto amare quella donna che mi aveva rifiutato quando ero a casa. Mentre questi pensieri mi ronzavano nella testa qualcuno bussò alla porta. Era Virginia, aveva due panini in mano, uno l’aveva già morsicato e mi chiese se volevo l’altro. Accettai e cominciai a mangiarlo, era al prosciutto e al formaggio.

«Come va’ lo studio?»

«Un po’ dura, non capisco bene questi schemi.»

«Se vuoi chiedi, ti posso dare una mano.»

«Ah ok grazie magari domani, ora penso che mi metterò a dormire, dopo il panino sono davvero stanco.»

«Come vuoi, si ringrazia anche per il panino eh!»

«Oh scusami mi è passato di mente perdonami.»

«Tranquillo comunque giù c’è la mensa nel caso volessi un pasto completo.»

«No, sono contentissimo cosi.»

«Ok allora buona digestione e buona notte.»

«Grazie Virginia altrettanto.»

Virginia si allontanò dalla mia stanza e io, che l’avevo accompagnata fino fuori dalla porta d’ingresso, ci rientrai. La stanza numero 404 aveva la porta color verde come tutte quelle della zona Hotel della NASAC ed io mi accorsi di averlo notato solo in quel momento.

Mi addormentai e sognai Virginia, eravamo su una pista di pattinaggio e stavano fermi a parlare del più e del meno. Quando mi risvegliai cominciai a domandarmi se ci fosse qualcos’altro oltre il cervello. Ossia se morto il cervello non rimanesse più nulla di noi. Insomma mi stavo chiedendo se esistesse l’anima. Poi scesi giù in sala mensa a fare colazione. Le colazioni del 2394 non erano affatto diverse da quelle del 2013. Mi sedetti di fronte a Virginia. Anche lei stava bevendo latte al cioccolato e mangiando una brioche. Le raccontai del mio sogno della pista di pattinaggio sul ghiaccio e lei rise e disse: «Dopo tutto quel sole che ci siamo beccati in quel pianeta, un po’ di ghiaccio ci vorrebbe proprio!»

«Mi piacerebbe andare con te a pattinare Virginia ma io non lo so fare.»

«Ah ah ah nemmeno io.»

«Proverò a sognare qualcos’altro la prossima volta!»

«Non è necessario sognare di fare una cosa insieme a me per proporla…» osservò Virginia non senza imbarazzo.

Arrossimmo.

«Mi piacerebbe andare con te a vedere quel remake “I cavalieri dello zodiaco”.»

«Dai allora ci vediamo stasera alle nove e mezza in sala cinema,» approvò Virginia con entusiasmo. Il rossore era sparito dalle sue gote.

«Grande!»

Virginia non assomigliava alla ragazza dalla quale ero stato rifiutato, solo ora lo notavo. Però mi piaceva.

Tornai in camera e accesi il computer. Gli schematici mi sembravano enigmatici e mi appariva davvero molto strano che sarei stato io a trovare il baco. Tuttavia non mi arrendevo continuavo a leggerli e cercavo per quanto fosse nelle mie possibilità di comprenderne gli aspetti generali. Era però un’impresa davvero ardua, cosa ci poteva essere di sbagliato in una macchina che non sbagliava le previsioni del tempo in nessun luogo e in qualsiasi istante da ormai cinquant’anni? Però sbagliava la mappatura dei viaggi psichici. Cominciai a pensare all’anima ….forse avrebbero dovuto trovare il modo di mappare l’anima nelle reti neuronali in fondo non se ne poteva dimostrare né l’esistenza né l’inesistenza era anche quello un fatto probabilistico, un cinquanta e cinquanta.

Quando esposi la mia teoria a David, apparì in un primo tempo sconcertato e dubbioso, poi cominciò a credere che forse avevo trovato la soluzione all’enigma. David si mise al lavoro per mappare l’anima nelle reti neuronali di quinta generazione. Quando ci riuscì, dopo una settimana, eravamo pronti per sperimentare se il computer quantistico avesse ancora sbagliato la destinazione di un viaggio psichico. Il computer era diventato precisissimo sia nello spazio che nel tempo che negli universi paralleli. Ora sarei potuto tornare a casa se avessi voluto!

Intanto il rapporto con Virginia andava bene, eravamo sicuramente diventati amici e si intravedeva lo sbocciare di un amore. Andavamo spesso al cinema insieme e le cene in mensa si tramutavano spesso in discorsi senza ne capo ne coda che facevano scoppiare a ridere entrambi.

Non avevo mai conosciuto tanto bene una donna e stavo dimenticando quell’amore non corrisposto nell’altra dimensione. Quella sera sognai nuovamente Virginia. Passeggiavamo entrambi a piedi scalzi in un prato ricoperto di margherite, ad un tratto Virginia si mise a correre ed io, per non perderla di vista, la inseguì ma Virginia si allontanava sempre di più finché scorsi solo un puntino. A quel punto mi svegliai. Ero angosciato e decisi di farmi avanti seriamente con lei. Quando ci incontrammo in mensa espressi il mio interessamento che andava al di là di una semplice amicizia.

«Virginia sono convinto che tra di noi ci sia qualcosa di più di una intensa amicizia.»

«Daniele io non saprei…»

Virginia stava arrossendo imbarazzata.

«Credo che tra di noi ci sia l’amore degli amanti, l’amore che unisce un uomo e una donna.»

«Passa in camera mia verso le dieci, ti devo dare una cosa» e Virginia si alzò dal tavolo quasi stizzita, portando via con se il vassoio ancora in parte pieno.

Alle dieci mi avvicinai alla stanza di Virginia e la trovai in accappatoio seduta sulla poltrona. «È questo tipo di amore di cui parlavi Daniele? Vuoi fare del sesso con me?»

«No, io voglio fare l’amore con te,» dissi avvicinando le mie labbra a le sue.

Virginia apparve quasi stupita da quella risposta, i suoi occhi si intorbidirono di lacrime e ci baciammo. Ci baciammo appassionatamente e a lungo poi Virginia disse che per quel giorno non se la sentiva, mi diede il doppione delle chiavi della sua stanza e mi chiese di lasciarla sola almeno fino a domani.

Il rapporto con David si era fatto freddo e distaccato, risultava scomodo avere due persone cosi straordinariamente simili nello stesso luogo. David pareva essere anche lui interessato a Virginia e quindi la mia presenza non poteva che infastidirlo. Cominciai a pensare ad un viaggio che potesse portare me ed Virginia lontani da David.

La sera ne parlai a cena in mensa con Virginia. «Penso che ce ne dovremmo andare da qui.»

«E perché mai?»

«David non vede di buon occhio la nostra unione.»

«Sarà un suo problema.»

«Potrebbe farci del male»

«Ora non esagerare, conosco David da anni non sarebbe mai capace di un gesto simile.»

«Sono contenta che tu ti fidi di lui.»

«Possiamo starcene tranquillamente qui.» E mi fece una linguaccia.

«Ahah se lo dici tu.»

Ero davvero contento di quell’amore sbocciato fra me e Virginia. Finalmente ero riuscito a dimenticare completamente quello non corrisposto nell’altra dimensione e mi sentivo sollevato. Ero finalmente riuscito a dimenticare l’altra ragazza, a rimuoverla dal mio intimo. Ed ora avrei potuto dedicarmi completamente a Virginia. Temevo solamente, malgrado le sue rassicurazioni, che David potesse farle qualcosa di male. Inoltre cominciava a mancarmi casa malgrado cercassi in tutti i modi di negarlo a me stesso. Ora, con le modifiche fatte al SCQ sarei potuto tornare anche a casa, ma bisognava vedere se sarei riuscito a convincere Virginia a seguirmi. Non ero certo disposto a separarmi da lei. Decisi di parlargliene.

«Virginia, io sto bene qui, e mi sono convinto che David non ci farà mai nulla di male…»

«Bene, sono contenta.»

«…però… mi sta mancando casa… ecco mi chiedevo se tu mi seguiresti.»

«Intendi tornare nel passato? Nel 2013? Ti credevo un uomo attratto dal futuro…»

«Sì, lo sono, ma mi mancano davvero tanto i miei.»

«Sarebbe molto probabilmente, un biglietto di sola andata… »

«Me ne rendo conto… se non vuoi non fa nulla.»

«No no, ok, ti seguo, voglio venire con te» proclamò Virginia dopo un interminabile attimo di esitazione.

La sera andammo al centro della NASAC e comunicammo la nostra volontà di andare a vivere nel 2013. Il responsabile ci fece compilare un questionario e firmare l’autorizzazione al viaggio psichico. Indossammo i caschi ed entrammo nella sala adibita ai viaggi psichici. Il viaggio poteva durare anche una settimana. Se non insorgeva spontaneamente la psicosi questa veniva indotta tramite l’iniezione di una droga simile alla cocaina. Dopo due giorni non era ancora insorto alcun sintomo psicotico allora lo staff che aveva organizzato il viaggio decise di iniettarci la codebrina.

Passarono altri due giorni ma non insorgeva alcuna psicosi allora provarono con la codebrina-plus ma ancora non si ebbe alcun effetto. Alla fine, al settimo giorno, lo staff decise di annullare il viaggio e di catalogarlo come infattibile. Ero davvero dispiaciuto di non poter più rivedere i miei e mi chiedevo come fosse stato possibile che il viaggio psichico fallisse. Da quello che mi aveva detto Virginia nessun viaggio psichico pilotato dalla NASAC era mai fallito. Pensai che probabilmente era a causa dell’amore. Avendolo trovato, il nostro cervello non era più capace di avere fenomeni psicotici, nemmeno indotti e quindi avevamo trovato la nostra giusta dimensione.

Nell’altra dimensione, nell’altro tempo, in quell’altro pianeta… era passata già una settimana da quando Daniele ebbe quella curiosa esperienza con quel casco da lui stesso costruito. Anche quella mattina si era svegliato tardi e stava inzuppando pigramente una fetta biscottata ricoperta di burro e marmellata in profondità nel suo caffè-latte. Era già la quinta che ingurgitava ed era sicuro che anche quel giorno il pranzo, ormai vicino, sarebbe stato impraticabile.

Osservava diminuire il livello all’interno della tazza, ogni volta che inzuppava. Aveva l’impressione di stare dimenticando qualcosa. Ma non ricordava cosa. Le nubi fecero largo al sole e un bagliore di luce abbagliò Daniele. Si alzò, quasi indispettito e si diresse verso la finestra per tirare un po’ la tenda. Dovevo fare una cosa, borbottava Daniele, era importante. Improvvisamente, quasi come quel lampo di luce che lo aveva da poco abbagliato, ebbe l’illuminazione! «Eureka!». Il server! Doveva guardare i dati che erano stati trasmessi dal casco al server. Senza nemmeno mettersi le ciabatte, tutto scarmigliato, scese le scale come un fulmine, precipitandosi in cantina.

Esaminò il log attentamente, scuotendo la testa. Rimase lì un ora per cercare di capire dove stesse l’errore. Perché di errore si trattava. Che fosse qualcosa di veritiero non era possibile.

Rilesse per l’ennesima volta l’ultima frase del file di log.

Il soggetto, avendo trovato l’amore, si trova nella giusta dimensione psichica.

Ma che dice, io non ho trovato l’amore, e non credo lo troverò mai, dovrò riguardarmi tutto il codice sorgente dell’interprete, pensò Daniele.

E mentre apriva quel file, per riguardare tutto quel codice che aveva scritto, per trovare un eventuale errore, si sentì leggero, come se una parte di sé fosse volata via, lontana, per altri mondi, altri tempi, altre dimensioni e avesse trovato l’amore.

new world
Photo by Rumana S on Unsplash

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