Sole blu. Casco Gaggles 2394 (parte 2)

[…]

Dove sono?

Ero stralunato, non capivo cosa potesse essermi successo. Guardai nel cielo e con mio enorme stupore vidi due soli. Un sole era blu e l’altro sole era giallo. Ero giunto in un altro pianeta. Uscii dall’acqua senza guardarmi troppo intorno e mi addormentai all’ombra di una grotta che si trovava a qualche centinaio di metri nell’entroterra. Quando mi svegliai il mio casco diceva che avevo dormito più che a sufficienza. Mi misi dunque in cammino senza sapere bene dove andare. In lontananza, pur essendo abbagliato dal sole blu (quello giallo era prossimo al tramonto), vidi una persona che sembrava avere il mio stesso casco.

Senza badarci nemmeno accelerai il passo, tanta era la curiosità di conoscerla. Stranamente parlava anche la mia stessa lingua e mi chiese come fossi giunto lì. Intuì dalla voce che si doveva trattare di una ragazza. Le raccontai del mio esperimento e mi disse che anche lei aveva fatto una cosa simile ma che l’aveva fatto nel 2394 non nel 2013.

un altro casco

Le chiesi se il casco che indossava avesse la stessa funzione del mio, ovvero quello di mappare lo stato chimico del cervello e salvaguardare la vita di chi lo indossava e lei mi rispose di sì. Le dissi che se avessi avuto necessità il mio casco era capace di iniettarmi uno psicofarmaco capace di riportarmi alla stabilità psichica. Mi disse che era un modello superato da più di cento anni e che il suo casco era in grado di modificare lo stato chimico del cervello con onde positroniche ad alta frequenza.

A quanto mi era sembrato di capire il suo esperimento era stato simile al mio solo che lei disse che era stata guidata nell’esperimento dalla azienda aerospaziale per la quale lavorava, la NASAC e aveva avuto quella che nel 2013 chiamavano psicosi ma che nel 2394 chiamano stato di coscienza alterato di livello tre. Mi disse che era fiduciosa che analizzando i suoi dati psicodinamici sarebbero riusciti a portare su quel pianeta qualcuno per dirle come tornare indietro. Insomma, rispetto alla sua, la mia tecnologia era primitiva, ma ero comunque orgoglioso del viaggio che ero riuscito ad intraprendere. Mi chiedevo se tutti questi dati fossero stati ancora trasmessi al server che si trovava sulla Terra.

L’incontro

Il mare burrascoso lambiva quella zona costiera. Non si poteva scorgere una pianta nemmeno in lontananza. Nell’entroterra, qualche piccola collina, anch’essa spoglia. Sembravamo in un deserto. Speravo solo avremo trovato almeno una piccola oasi. Dopo circa un’ora di camminata, madidi di sudore, ne trovammo una con una fonte dalla quale abbeverarci e, una volta tolti i caschi, bevemmo. Per la prima volta vidi il volto di quella ragazza.

Era molto graziosa ma visibilmente stremata per il viaggio (anche i suoi vestiti erano parzialmente bruciati, come i miei) e preoccupata per il ritorno. Mentre beveva, i capelli -lunghi e neri corvino- che aveva sciolto, le cascavano sui lati del volto, coprendolo. Quando ebbe finito di bere gettò la testa all’indietro, quasi i suoi capelli fossero da domare, e li legò con un elastico. In quel momento la guardai. E lei mi guardò negli occhi, solo per un attimo, forse per sbaglio. Vidi i suoi occhi blu come il sole che solcava i cieli di quel pianeta.

Soprattutto gli occhi notai in quel momento, silenziosi e profondi come quel mare burrascoso. Non notai in quel momento altri dettagli che apprezzai in seguito come le labbra carnose, gli zigomi pronunciati e quella deliziosa fossetta nel mento.

Il corpo era tutto infagottato dalla tuta blu della NASAC che aveva indossato per il viaggio. Ma avrei avuto modo di apprezzare anch’esso in seguto.

Non dico che rimasi folgorato, ma sulla Terra non avevo incontrato tante ragazze carine come lei. Diciamo che ne ero moderatamente attratto. Leggermente abbagliato, come da un sole al tramonto.

il salto triplo

Comprensibilmente non mi degnava di molte attenzioni, c’erano cose più importanti cui far fronte ma ebbe modo di constatare in tono scherzoso:

«Non avrei mai detto che l’uomo venuto dal passato avrebbe avuto un aspetto cosi trasandato.»

«Sapevi già che mi avresti incontrato?»

«Be’ sì, un super computer quantistico l’ha previsto. Per la precisione tu provieni dal passato e da un universo parallelo. Hai fatto un salto triplo, hai cambiato pianeta, tempo e dimensione.

Io invece ho cambiato solo pianeta!»

«Come fai a sapere che ti trovi nel 2394 anno terrestre e non ti sei spostata anche tu su una dimensione parallela?»

«Me l’ ha detto il computer quantistico prima che partissi!»

«Ma come fai a sapere che il computer quantistico non si sbaglia?»

«Questo ce lo devi dire tu!»

Rimasi di sasso. Il discorso si stava facendo già troppo complicato per i miei gusti così mi resi conto che non ci eravamo ancora presentati e feci il primo passo. Allungai la mano e dissi:

«Piacere io sono Daniele.»

«Ed io sono Virginia» ma si allontanò dalla mano quasi fosse intimorita e un po’ schifata. Forse in quell’epoca o in quella dimensione avevano paura per qualche ragione del contatto fisico pensai. Le proposi di fare un giro in quel deserto ricco di grotte nell’attesa che qualcuno venisse a prenderci o ci venisse in mente come ritornare ciascuno nelle proprie case. Virginia mi disse che io non avrei più potuto fare un salto triplo; non avrei più potuto tornare nel punto dal quale ero partito.

le opzioni

Avrei dovuto scegliere, le opzioni erano:

  1. Tornare indietro nel tempo e tornare sulla Terra ma non tornare sull’universo parallelo di partenza.
  2. Tornare sulla Terra nel 2394 mantenendo l’universo parallelo di partenza.
  3. Rimanere lì, se avessimo trovato il modo di sopravvivere.

Avevo viaggiato nel futuro ma mi trovavo su un binario parallelo questo significava parafrasando, che mi ero sdoppiato e c’era un altro me che era rimasto nel 2013 e che magari all’accendersi della spia “rischio suicidario” aveva chiesto aiuto e il casco aveva iniettato lo psicofarmaco adatto a far terminare la psicosi. Le dissi che volevo vivere sulla Terra nel 2394 e che i miei mi sarebbero mancati tantissimo ma quello che mi consolava sarebbe stato che io non sarei mancato a loro perché un altro me era rimasto nel 2013. Virginia mi sorrise, mi disse che anche questo aveva previsto il computer quantistico , ero un uomo orientato al futuro, che voleva andare oltre le colonne d’Ercole. Mi ricordai che usai quelle parole nel 2013, sulla Terra, nell’altra dimensione e mi piacque e incuriosì che anche il computer quantistico le usasse ma non manifestai a lei la mia curiosità.

esplorazione

Ci incamminammo in direzione di una grotta e nel mentre camminavamo non parlavamo molto, tuttavia mi sentivo in sincronia con quella donna, non so se provasse la stessa cosa lei per me. Il sole, anzi i soli, picchiavano crudeli sulle nostre teste. Le chiesi se nel 2394 fossero tornate in voga le teorie di Jung. E lei mi spiegò che dopo il 2100 circa vennero ritrovati degli scritti dove si parlava delle teorie che erano state sviluppate da Jung insieme al fisico Pauli e in base a quelle teorie la psichiatria si rinnovò ed elaborò una teoria della mente più completa. Si scoprirono potenzialità della mente che fino ad allora l’umanità non aveva considerato. Le accennai che io avevo intuito qualcosa e lei mi rispose che in quella dimensione doveva andare così.

l’inconscio

Cominciai a pensare quanto fosse strano che io avessi solo la percezione di me nel 2394, in quella dimensione e non avessi più la percezione di me nel 2013 nell’altra dimensione. Virginia mi disse che mi sbagliavo e che avrei dovuto prestare maggiore attenzione ai miei sogni, da quel momento in poi sarebbero stati l’altra mia vita nell’altra dimensione temporale e dimensionale. Aggiunse che l’altro me viveva nel mio inconscio. La risposta mi apparve bizzarra e di difficile comprensione, ma le credetti sulla parola. Mentre facevamo questo discorso ci avvicinavamo, entrammo in una grotta (all’ombra sia del sole blu che di quello giallo) e sentimmo una voce che appariva essere quella di un uomo ma la cui lingua non ci era comprensibile.[…]

blue sun
Photo by Hasan Almasi on Unsplash

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